Grande pubblico per una lectio magistralis che ha ridato lustro all’eroe

“Eracle è veramente esistito? Chi se ne frega. Noi lo vogliamo bene. Come fosse Babbo Natale o la Befana. Non sappiamo se sono esistiti o se esistono. Continuiamo a volergli bene”.
Valerio Massimo Manfredi, archeologo e scrittore di fama mondiale, nella sua lectio magistralis sul mito di Ercole ha inteso togliere così delle curiosità al pubblico, che ha riempito ieri sera, silenzioso e attento, l’Auditorium “Pietro Floridia”.
Il racconto parte dalla genesi in una città, come Modica, che custodisce come un bene sacro l’Eracle di Modica, pezzo pregiato con un contorno, Eraclemania infatti, di altri reperti che si riportano al mito del semidio.
Egli fu un uomo primitivo. Figlio di Zeus, padre degli Dei, e della bellissima Alcmena moglie del guerriero Anfitrione. Stava dentro una pelle di animale, la leontea di nemeo, il leone ucciso nella sua prima fatica. Personaggio dunque antichissimo. Lo ritroviamo nell’elenco dei cinquantacinque argonauti che vanno alla conquista del Vello D’Oro a bordo di Argo, una nave robustissima ricavata da un solo tronco di albero. Tecnica di costruzione datata nel neolitico (8000 A.C.).
Sono gli eroi precedenti la guerra di Troia. In questa storia antichissima s’intrecciano il racconto epico (tratto dalle cose vere) e la mitologia (desunta da narrazioni non vere).
Eracle, l’uomo più forte del mondo, in fasce strozzò due serpenti che dovevano ucciderlo e capace d’imprese impressionanti.
Basti pensare alle dodici fatiche a cui fu condannato da Euristeo, suo cugino re di Tirinto e Micene, come pena per avere sterminato la famiglia a causa di un’ira provocatogli da Era, moglie di Zeus.
Fu un eroe amato e riconosciuto tale perché liberava i territori in cui si trovava dalle Bestie feroci che sterminavano gli armenti e quindi bonificava l’ambiente.
Le sue imprese rimangono mitiche perché legate a prove terribili che supera con forza terrificante e ingegno. Di fronte al bivio tra il piacere e gli ozi, egli sceglie quella del dovere, del sacrificio. Personaggio dunque tragico che viene in soccorso di Prometeo liberandolo dalle catene che lo affiggevano sui monti del Caucaso.
Prometeo è un titano amico dell’umanità e del progresso: ruba il fuoco agli dei per darlo agli uomini e subisce la punizione di Zeus che lo incatena a una rupe ai confini del mondo e poi lo sprofonda nel Tartaro, al centro della Terra. Ha spesso simboleggiato la lotta del progresso e della libertà contro il potere. Un rapace si alimentava ogni giorno con il suo fegato che si rigenerava in un moto perpetuo.
Solo Ercole riuscirà a liberarlo contro il volere degli Dei.
La fama di Ercole e la mitologia che l’accompagna è da sempre un riferimento delle arti soprattutto del teatro classico. Lo stesso Dante Alighieri lo annovera nella Divina Commedia. Interi popoli lo acclamano e lo ricordano rimanendo il mito impresso tra la storia e la leggenda.
Sono proprio quei popoli che l’hanno apprezzato e che l’hanno portato sino a noi rinsaldandone la fama dell’eroe. La Sicilia e i popoli che l’hanno vissuta ne sono un esempio.
Modica porta il vanto, che non è poco, di avere una statua di straordinaria fattura che lo ritrae in un atteggiamento fiero e pronto alla disputa.
L’illustre ospite è stato presentato dal direttore onorario del Museo civico “F.L. Belgiorno”, prof. Giovanni Di Stefano che ne ha descritto la fama con i quindici milioni di libri venduti in tutto il mondo e i premi letterari conquistati nel corso della lunga e intensa carriera.
E’ stato poi il sindaco, Ignazio Abbate, a fare gli onori di casa, parlando peraltro dei progetti attorno alla realtà museale, accompagnando Valerio Massimo Manfredi, presenti l’assessore alla Cultura Orazio Di Giacomo e il direttore Giovanni Di Stefano, nella sede del Museo dove è esposto l’Eracle di Modica ma anche altri pezzi che richiamano il mito di Eracle (Eraclemania): coppa frammentaria di Eracle, V sec. A.C.(dagli scavi di Treppiedi Sud),edicola in pietra calcarea locale raffigurante l’Eracle, IV sec. A.C. (località Pernamazzoni),piatto a vernice nera con H graffiata sul fondo, III-II sec.A.C. (scavi Domus Sancti Petri, Modica).

L’Ufficio Stampa

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