Una visione a tutto tondo quello che il pomeriggio di studio ha offerto in onore di Franco Libero Belgiorno ieri sera al cospetto di un nutrito uditorio nella sala “Salvatore Triberio” del Palacultura dove si sono alternati studiosi di tendenze diverse che hanno focalizzato l’immagine e il valore di un personaggio che ha scritto una storia importante nello scenario sociale e culturale della Modica degli anni ’60.
Un’operazione necessaria non solo per conoscere un uomo dai molteplici interessi, sconosciuto alle generazioni più recenti, ma per mappare il contesto sociale e culturale della Modica del suo tempo.
“Franco Libero Belgiorno, ha dichiarato il sindaco Ignazio Abbate nel suo saluto, è rimasto nella storia e nel patrimonio della città perché ha dato un contributo indelebile ancora vivo ai giorni nostri.
Basta pensare al Museo che ha fondato e che a lui è stato dedicato. Giudico importante averlo recuperato alla memoria perché si tratta di un’iniziativa che rende onore a chi veramente ha amato Modica”.
Una figura d’intellettuale, ha sottolineato Giovanni Di Stefano direttore onorario del Museo Civico, vero che ha contribuito alla crescita culturale della città in un’epoca non facile non soffrendo di quell’egoismo tipico di chi vuole fare le cose per se. E’ stato un antesignano della pubblicistica; ha fatto vivere il museo civico rendendolo pubblico. Una sorta di Piera Angela ante litteram. Un patrimonio che ancora conserviamo e che abbiamo avuto l’onore di arricchire.
“Una riscoperta quella di un intellettuale ancorato al suo passato, commenta Maria Monisteri, assessore alla Cultura, che è ancora oggi si fa presente atteso che molte espressioni alte della cultura modicana fanno leva sulle sue scoperte e i suoi studi. Giornalista, storico dell’arte, drammaturgo, romanziere di talento. Tutto questo patrimonio va non solo conservato ma reso fruibile alle giovani generazioni perché si tratta di riscoprire una delle identità più forti e interessanti della nostra Città”.
Franco Libero Belgiorno fa parte di quella schiera d’intellettuali che in modo diffuso ha saputo intercettare quella cultura alta rendendola fruibile ai livelli più bassi.
Precursore di una pubblicistica che affrontava la questione femminile, quelle delle lettere e delle arti nei giornali che dirigeva e dove si leggevano critiche di teatro di cinema di libri appena pubblicati.
Lo storico Giuseppe Barone ha contestualizzato il personaggio in un milieu familiare che ha dato un contributo alla storia della città. Il padre fu quel Don Ciccio Belgiorno, barbiere e profumiere, fondatore del socialismo a Modica.
E sul versante della pubblicistica si è soffermato il giornalista Giuseppe Calabrese illustrando con una documentazione puntuale l’intero curricula di un personaggio che s’impegnava per i giornali anglo americani del dopoguerra, per passare al Popolo di Roma, alla Gazzetta, al Messaggero, alla Voce di Ragusa per finire al Mattino di Modica giornale di grande attenzione per i temi dello sviluppo socio economico della città. Riflessioni a parte quando fu nominato direttore dell’aeroporto di Comiso e poi candidato a diventarlo per quello di Roma e di Pisa ai quali rinunciò per non allontanarsi dalla propria città.
Nel 1955 pubblicò forse il testo per il quale da sempre F.L. Belgiorno è maggiormente ricordato: “Modica e le sue chiese dalle origini del cristianesimo ad oggi”. Lo storico dell’arte Paolo Nifosì ha confermato che si tratta di un’opera importante in quanto fa un’analisi dell’architettura ecclesiale della città con un metodo singolare: da un lato la descrizione della chiesa pubblicata in corsivo e dall’altra con carattere diverso la storia del monumento. Il valore dell’opera è che ancora oggi le cose scritte da F.L. Belgiorno sono le sole cose scritte: c’è stata una disattenzione per tutta l’architettura dell’ottocento che a Modica è dominante. La pubblicazione poi fa un’incursione dettagliata con la descrizione delle chiese minori che rimane una guida attuale e attenta per chi vuole intraprendere un’indagine in questa direzione.
Ad indagare l’universo letterario di B.L.Belgiorno la scrittrice e docente, Lucia Trombadore attraverso l’analisi di due opere: “La saga degli uomini persi” pubblicato a Milano nel 1935 e “La casa rossa di Portomarranco” del 1949. Due romanzi dove s’intrecciano le passioni e le debolezze umane che l’autore sa narrare con sagace attenzione. La relatrice fa emergere il pathos dell’opera letteraria accostandola con più fortunate pubblicazioni che si richiamano a Gabriele D’Annunzio e a Luigi Pirandello.
Il pomeriggio di studio si è avvalso anche dalla recitazione dell’attore Marcello sarta che ha letto alcuni brani tratti da “La Casa Rossa di Portomarranco” accompagnato al pianoforte da Andrea Cannata. Esposte nell’aula quattro grafiche di Giusy Tuè ispirate al romanzo.
Alla fine Georgia e Donatello Belgiorno hanno avuto modo di ringraziare il pubblico rendendolo partecipe di alcune testimonianze del loro rapporto con il padre.
L’Ufficio Stampa